L’aggiunta nel terreno di carbonio di origine pirogenica
(biochar) è considerata una possibile strategia per sequestrare carbonio
dall’atmosfera. Ma, quanto dura di fatto l’immobilizzazione del carbonio
operata dal biochar?
A questa domanda hanno provato a rispondere alcuni
ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia (IBIMET) con uno studio pubblicato
sulla rivista PLoS ONE e coordinati dal Dott. Franco Miglietta. I ricercatori
hanno esaminato gli effetti sul lungo termine del biochar sul carbonio del
terreno grazie allo studio di alcune carbonaie dismesse delle Alpi orientali
italiane risalenti al XIX secolo (Val di Peja). La quantità di carbonio sequestrato è stata ottenuta
mediante il confronto tra il C
pirogenico presente nelle carbonaie e la quantità stimata di biochar lasciato sul
terreno dopo la carbonizzazione.
Lo studio è giunto alla conclusione che 1) il carbonio
originariamente aggiunto al terreno sotto forma di biochar può esservi ritrovato
per l’80±21% e che 2) il biochar ha un tempo medio di permanenza nel terreno di
650±139 anni.
Questi risultati sembrano avvalorare le teorie che vedono il
biochar come un valido strumento da impiegare contro il cambiamento climatico.
Per approfondimenti si rimanda all'articolo di Criscuoli et
al. 2013, «Carbon Sequestration and Fertility after Centennial Time Scale
Incorporation of Charcoal into Soil» http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0091114
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