di Serena Geri
In un futuro prossimo, quando affronteremo la tematica dell’agricoltura sostenibile, non potremo non sentir parlare del biochar, un carbone vegetale che si ricava dalla combustione in assenza di ossigeno (pirolisi) della biomassa vegetale, simile nell'aspetto al carbone che si ottiene dalla naturale combustione della biomassa vegetale.
Il processo produttivo che porta alla formazione del biochar genera anche un altro prodotto rappresentato da un gas combustibile (syngas). Se il syngas può essere utilizzato per la produzione di energia, il biochar, per molto tempo considerato un materiale di scarto, può invece rappresentare una risorsa da impiegare nella lotta al cambiamento climatico e nella sfida della produzione sostenibile di cibo. Questo carbone vegetale, composto per il 70-90% da carbonio, appare infatti in grado di ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera grazie alla sua capacità di sequestrare C.
Quando incorporiamo nel terreno una qualsiasi biomassa vegetale questa andrà presto incontro a mineralizzazione, con conseguente rilascio di C02 in atmosfera, ma se ad essere interrato è il biochar, il ciclo del carbonio verrà notevolmente rallentato grazie alla recalcitranza del carbone vegetale nei confronti della mineralizzazione. Questa sua proprietà fa sì che il biochar, una volta interrato, sequestri il carbonio nel terreno anche per più di cent’anni, riducendo così le emissioni anidride carbonica in atmosfera.
L’interesse della comunità scientifica nei confronti del biochar però non si esaurisce nell'ambito ambientale. Negli ultimi anni infatti sono stati realizzati numerosi studi orientati ad analizzare le possibili proprietà agronomiche di questo carbone vegetale al fine di valutarne il possibile impiego in campo agricolo.
Ciò che emerge dagli studi effettuati è che il biochar può essere impiegato in agricoltura come
ammendante poiché è in grado di migliorare la fertilità chimica e fisica del suolo. Nei suoli trattati con il biochar, infatti, si registra un aumento della capacità di ritenzione dell’acqua, una diminuzione della perdita per lisciviazione degli elementi nutritivi ed uno stimolo allo sviluppo della microflora e della microfauna.
Studi sull'applicazione del biochar in agricoltura sono stati realizzati negli ultimi anni anche dai ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia (IBIMET) del CNR di Firenze che hanno condotto prove sperimentali di campo indirizzate ad approfondire gli effetti del biochar su alcune produzioni agricole caratteristiche dell’area mediterranea come la vite (Vitis vinifera), il pomodoro (Lycoparsicon esculentum) ed il grano duro (Triticum durum).
ammendante poiché è in grado di migliorare la fertilità chimica e fisica del suolo. Nei suoli trattati con il biochar, infatti, si registra un aumento della capacità di ritenzione dell’acqua, una diminuzione della perdita per lisciviazione degli elementi nutritivi ed uno stimolo allo sviluppo della microflora e della microfauna.
Studi sull'applicazione del biochar in agricoltura sono stati realizzati negli ultimi anni anche dai ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia (IBIMET) del CNR di Firenze che hanno condotto prove sperimentali di campo indirizzate ad approfondire gli effetti del biochar su alcune produzioni agricole caratteristiche dell’area mediterranea come la vite (Vitis vinifera), il pomodoro (Lycoparsicon esculentum) ed il grano duro (Triticum durum).
Molto ancora c’è da scoprire su questo carbone vegetale i cui effetti sul terreno e sulle produzioni agricole non appaiono indipendenti delle caratteristiche del suolo al quale viene applicato, dal clima e dalla biomassa di origine. Di questo si parlerà a “Biochar Expo”, un evento in programma dal 24 al 27 giugno a Milano, che prenderà il via il 24 presso l’auditorium di Padiglione Italia e che dal 25 al 27 si trasferirà presso i Giardini della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano.
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