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Il 18 luglio a Expo Milano 2015 nell'auditorium di Palazzo Italia si è svolto un incontro dedicato al #consumodisuolo: Il consumo di suolo: strumenti per un dialogo.

La tavola rotonda organizzata dall'Istituto IBIMET-CNR in collaborazione con ISAFOM-CNR, ha riunito per una discussione, tra diversi esperti di settore, istituzioni e rappresentanze della società civile e della politica.

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche in questo evento si è messo in ascolto. Ascolto necessario per meglio comprendere le problematiche e poter costruire gli strumenti più adatti ad interpretare il mondo, per fornire elementi di consapevolezza al Paese, allo scopo di dare vita ad un sistema di partecipazione che rappresenta il valore della democrazia.

Mettiamo a disposizione dei nostri lettori i contributi emersi dall'evento, per innescare una discussione consapevole su un tema di grande attualità dettata anche dalla ripresa del dibattito parlamentare.



Segui su twitter: @CNRconsumosuolo
Hashtag: #consumosuolo #consumodisuolo


INDICE

Introduzione
Teodoro Georgiadis, IBIMET CNR
Consumo di suolo e perdita di funzioni: come si valuta e con quali strumenti?
Angelo Basile, ISAFOM CNR
Le ragioni storiche del consumo - analisi dei perché della differenziazione del consumo di suolo in Italia
Franco Salvatori, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Paesaggio ed economia: il senso del luogo e l’analisi dei costi nei processi progettuali
Letizia Cremonini, architetto
La qualità della vita urbana: prove tecniche di teorie e tecniche di rinascimento della città
Donatella Diolaiti, Università degli Studi di Ferrara
Le dinamiche strutturali del consumo di suolo e le nostre responsabilità
Paolo Pileri, DAStU – Politecnico di Milano
Stop al Consumo di Suolo: 9 proposte
Samuele Segoni, Onorevole, geologo
Strumenti di dialogo su temi ambientali e non: il grande potenziale dei dati geografii liberi e partecipativi di OpenstreetMap
Alessio Biancalana e Stefano Sabatini, Comunita OpenstreetMap Italiana
Aspetti climatici urbani del Consumo di Suolo
Marco Morabito, IBIMET CNR
Porre un freno al consumo di suolo
Michele Munafò, ISPRA
Su come i pedologi debbano tornare attori primari nella salvaguardia della risorsa suolo
Il Gruppo Suolo Europa, Forum Salviamo il Paesaggio e Difendiamo i Territori
Consumo del suolo e agricoltura: appunti per una nuova prospettiva
Daniele Vergari, Accademia dei Georgofili - Associazione Giovan Battista Landeschi
Il difficile percorso di una legge nazionale per la difesa del suolo
Claudio Arbib, Federico Sandrone
Un dialogo costruito anche grazie a Twitter
Valentina Grasso IBIMET CNR, Consorzio LaMMA , Alfonso Crisci IBIMET CNR, Alice Cavaliere, Simone Menabeni, Paolo Nesi DiSiT Lab, Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Università di Firenze
Su come i pedologi debbano tornare attori primari nella salvaguardia della risorsa suolo 

Il Gruppo Suolo Europa del Forum Salviamo il Paesaggio e Difendiamo i Territori: suolo.europa@gmail.com

Un articolo pubblicato nel 1997 poneva la questione se considerare la pedologia morta e sepolta [1]. Provocatoriamente la domanda sollecitava i pedologi a “uscire” dalla loro dimensione scientifica che a quel tempo rifiutava tutte "contaminazioni". Per fortuna in questi quasi venti anni c'è stato uno sforzo per inglobare nel ruolo della pedologia il compito di definire l'estensione, la distribuzione, le proprietà, l'idoneità e la vulnerabilità dei suoli come base per la gestione sostenibile del territorio. La pedologia è riuscita così ad uscire dal proprio isolamento scientifico. Prima la definzione di un approccio olistico alla scienza del suolo (lanciato a livello internazionale dai ricercatori europei sostenuti dalla Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea) e poi un numero sempre maggiore di ricerche integranti e innovative permettono oggi a pianificatori e politici [2] di disporre di utili elementi decisionali.

Va tutto bene allora?

Purtroppo no, siamo ancora in una situazione nella quale le decisioni sull’uso del suolo, del territorio e del paesaggio sono prese indipendetemente dai dati scientifici sul degrado e la perdita di fertilità della risorsa suolo. Il dibattito che in Italia si trascina per ottenere una legge sul suolo ne è la dimostrazione. Urge assegnare una nuova responsabilità ai ricercatori e scienziati del suolo, quella di divenire attori nella pianificazione del territorio. Per primi essi devono assumersi la responsabilità di proteggere il suolo per le generazioni presenti e future - ricordiamo che queste ultime non consumano e non votano e quindi vengono raramente prese in considerazione -.

Da dove iniziare?

Dall’imporre il Suolo come bene comune il cui uso sostenibile è inserito nel contesto del territorio e del paesaggio in cui si trova. Se si vuole una società economicamente praticabile nel corto periodo e ecologicamente sostenibile nel lungo, va da sé che l’interazione degli aspetti biofisici e socioeconomici li rende fra loro inscindibili. Ed è proprio in questo tipo d’approccio che l’essere umano ha la totale responsabilità nel determinare il degrado o la salvaguardia del suolo per le generazioni future.
Imporre è una parola drastica, ma non possiamo più permetterci di usare eufemismi. I dati sulla perdita di suolo fertile in Europa e nel mondo sono inconfutabili. La situazione di degrado e di occupazione dei suoli in EU ha assunto dimensioni oltremodo drammatiche e insostenibili: tra il 1990 e il 2000 si stima una perdita di superficie di suolo pari a 275 ha al giorno; tra il 2000 e il 2006 si è avuto un ulteriore incremento della perdita del 3%. Ciò ha comportato una perdita di produzione agricola equivalente a 6,1 milioni/anno di tonnellate di grano solo nel periodo 1990-2006 [3].
La Commissione Europea da anni denuncia il degrado e la cementificazione dei suoli su tutto il territorio europeo. Già nel 2006 aveva predisposto una strategia tematica per la protezione del suolo [4]. Essa aveva come obiettivo di proteggere il suolo consentendone un uso sostenibile, attraverso la prevenzione da un ulteriore degrado, la tutela delle sue funzioni e il ripristino dei suoli degradati. In altre parole, la strategia tematica proponeva misure destinate a proteggere il suolo e a preservarne la capacità a svolgere le funzioni ecologiche, economiche, sociali e culturali che gli sono proprie. Ricordiamo che essa si basava su quattro pilastri: i) l’istituzione di un quadro legislativo volto a proteggere e utilizzare i suoli in modo sostenibile; ii) l’integrazione della protezione del suolo nelle politiche nazionali e comunitarie; iii) il rafforzamento della base di conoscenze; iv) una maggiore sensibilizzazione del pubblico.
Dopo otto anni, passati senza riuscire a ottenere un accordo per la sua adozione ufficiale da parte degli Stati Membri, la Commissione, nell’aprile 2014, ha deciso di ritirare la proposta di direttiva.
La necessità di una strategia europea per la protezione del suolo non è da dimostrare. Di fronte all’impasse europeo incombe alla società civile organizzarsi. Senza una forte spinta da parte dei cittadini e di chi li rappresenta, la Commissione Europea non sormonterà gli ostacoli che da otto anni vengono posti dagli Stati Membri. Tocca quindi ai cittadini europei e alle loro associazioni il compito di essere attori primari e prendere le iniziative necessarie a promuovere dal basso la protezione dei suoli a livello europeo. Inoltre, dal 2009 i cittadini europei hanno il diritto di proporre legislazioni comunitarie. Le associazioni della società civile (CSOs) portatrici di interessi diffusi devono porsi l'obiettivo di indirizzare le funzioni legislative dell’UE su suolo, territorio e paesaggio. Contemporaneamente urge migliorare la formazione e aumentare la consapevolezza e la presa di responsabilità da parte dei decisori politici e degli attori locali che devono applicare le normative nazionali ed europee esistenti.
Serve un quadro di riferimento comune a tutti i paesi membri dell’UE, senza il quale si avranno situazioni insostenibili a seconda dei vari scenari nazionali. L’Italia o la Svezia o Cipro non possono considerarsi “autonome” quando é a rischio la sicurezza alimentare e ambientale dei loro territori e delle loro popolazioni.

Questo è il contesto in cui, all’interno del Forum Nazionale “Salviamo il Paesaggio – Difendiamo i Territori (SIP), si è costituito un gruppo di volontari, Gruppo Suolo Europa (SIP-GSE), per verificare la possibilità di intraprendere azioni di salvaguardia del suolo a livello italiano e europeo. Tale verifica, fatta con contatti personali e in vari convegni, ha evidenziato che già esiste una forte richiesta di azioni a livello europeo per far ritornare il suolo come elemento prioritario dell’agenda europea. Partendo da queste esigenze, il 18 giugno in un convegno specifico tenutosi all’EXPO di Milano, é stata lanciata l’azione europea People4Soil 5 cui il SIP-GSE ha formalmente aderito.

Concretamente

Le azioni che il SIP-GSE si propone di concretizzare nell’ambito della People4Soil in stretta collaborazione con le associazioni europee e italiane che aderiranno sono:

1) Proposta di direttiva europea basata sull’iniziativa popolare (ICE);
2) Strumenti di comunicazione per diversi livelli (mondo scolastico, politici, responsabili decisionali, accademici, imprenditori edili, agricoltori …);
3) Piattaforma di comunicazione e di informazione (media e grande pubblico);
4) Preparazione di strumenti per controllare le decisioni delle autorità locali (comune, provincia e regione);
5) “Marcare” gli eletti nei parlamenti nazionali e europei (azione in cui sottolineare l’importanza e il ruolo della associazioni aventi radicamento territoriale);
6) Realizzazione di strumenti specifici di comunicazione, come ad esempio un social movie sul suolo e per l’Italia e per l’Europa creato con l’interazione via reti sociali;
7) Organizzare una riunione prima della fine dell’anno (in concomitanza con la fine del Soil Year in dicembre?) con le associazione europee interessate, per definire una roadmap e le relative strutture di analisi - controllo compartecipate;
8) Altre azioni identificate congiuntamente su proposta delle associazioni aderenti.

E’ evidente che tale impostazione non può essere affrontata solo dal gruppo SIP-GSE. Per questo é stato lanciato l’appello “Angeli del Suolo” 6. Una chiamata “alle armi” cui stanno aderendo volontari e associazioni.

La strategia comunitaria

Per marciare assieme verso uno stesso obiettivo abbiamo bisogno di definire un quadro comune. A tale scopo è necessario raccogliere le idee da convogliare nella discussione a livello italiano e europeo. L’obiettivo finale è formulare gli elementi fondanti di una nuova proposta di direttiva europea sul suolo.

Ecco schematicamente i punti che consideriamo particolarmente importanti:
  • Suolo bene comune ambientale che appartiene alle generazioni future;
  • Salvaguardia dei valori ecologici, sociali e culturali del suolo, del territorio e del paesaggio;
  • Suolo, territorio, paesaggio come interesse pubblico e generale (utilità sociale) che sovrasta l’interesse privato (concetto contenuto nella nostra Costituzione);
  • Valorizzazione di suolo, territorio e paesaggio; insieme a definizione dei costi diretti e indiretti del degrado o della perdita;
  • Responsabilità e solidarietà verso i più demuniti (poveri), i più distanti (glocalizzazione: land grabbing), i più indifesi;
  • Promozione della cultura, della ricerca scientifica e tecnica, nonchè tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico (dall’art. 9 della costituzione italiana);
  • Identificazione della difesa giuridica del suolo, del territorio e del paesaggio: a livello locale, nazionale, Europeo (ad es. modificazione del mandato dell’Agenzia Europea dell’Ambiente);
  • Lotta all’utilizzazione di terreni a meri fini speculativi o da parte di organizzazioni criminali (es. Terra dei Fuochi);
  • Grande azione di comunicazione e di informazione sull’importanza di suolo, territorio e paesaggio per la vita presente e futura, attraverso linguaggi e dimostrazioni adeguati a ogni gruppo target;
  • Introduzione del controllo democratico onesto e lungimirante su suolo, territorio e paesaggio (basato sui concetti della sostenibilità) da parte delle organizzazioni della società civile (incluso dialogo con le associazioni di agricoltori, costruttori, pedologi, …);
  • Sostegno di amministratori locali, nazionali, europei determinati ad affrontare problemi relativi all’occupazione e impermeabilizzazione dei suoli; formazione degli altri attori pubblici alla salvaguardia di suolo territorio paesaggio (“marcare - nel senso sportivo del termine - un politico”);
  • Pianificazione territoriale basata su un approccio democratico e trasparente (informazione e partecipazione), vincolato all’approvazione degli abitanti delle aree interessate;
  •  Concentrazione dello sviluppo territoriale solo in aree già urbanizzate o dismesse.
Questo è quanto proponiamo alla base del lancio del movimento che converge in People4Soil. Lo strumento da usare è il dialogo e la partecipazione. Ci prefiggiamo di arrivare alla proposta di direttiva popolare europea tramite un coinvolgimento diretto dei cittadini in tutte gli Stati membri dell’UE, in particolare discutendo e comunicando con i “non addetti al lavoro” e facendo in modo che la cerchia di persone che si occupa della risorsa suolo sia sempre più vasta e responsabile. Il treno si è messo in moto con l’intenzione di concretizzare il lancio della campagna prima della fine di questo anno 2015, consacrato dalle Nazioni Unite al Suolo. Il 2016 potrebbe quindi essere l’anno per raccolta ufficiale delle firme.

Se non vogliamo che la pedologia torni a essere argomento “morto e sepolto”, i ricercatori e gli scienziati del suolo devono partecipare concretamente a questo movimento della società civile che si prefigge il cambiamento delle politiche afferenti al suolo a livello locale nazionale e europeo. In altre parole coloro che hanno per missione di toccare il suolo, devono aiutare le associazioni della società civile a sporcarsene le mani.



Bibliografia

1 Is pedology dead and buried? - L. R. Basher - Australian Journal of Soil Research 35(5) 979 - 994 (1997) 
2 Recuperiamo Terreno – Analisi e prospettive per la gestione sostenibile della risorsa suolo – Michele Munafò e Marco Marchetti - FrancoAngeli Editore - 2015
3 http://ec.europa.eu/environment/soil/pdf/guidelines/IT%20-%20Sealing%20Guidelines.pdf
4 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2006:0231:FIN:it:PDF
5 http://www.people4soil.eu/index-en.php
6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/06/un-appello-urgente-per-gli-angeli-del-suolo/
Fig.1 Panorama di Bertinoro, fonte web
Paesaggio ed economia: il senso del luogo e l'analisi dei costi nei processi progettuali

Letizia Cremonini, Architetto PhD


Il paesaggio è una disciplina sovra ordinante rispetto a tutte le altre? Sì. Sono tutte fondamentali allo stesso modo, ma il paesaggio permette fra loro un dialogo, in quanto porta nella sua definizione il rapporto stretto fra l'individuo e il territorio. Tale rapporto si esplicita nel processo cognitivo insito in ogni individuo, che porta alla nascita del senso del luogo
La disciplina del paesaggio non cerca una gerarchia, al contrario cerca un dialogo alla pari e la cooperazione fra tutte le discipline coinvolte, ciascuna rispetto al ruolo che riveste. Il paesaggio è sia nei processi progettuali - Azioni/comportamenti - che nei loro prodotti - forme/nuovi comportamenti. E' un sistema complesso che influenza ed è a sua volta influenzato, da pro­cessi innovativi. Si può dire che ne è il detonatore, attraverso il suo progetto, ma anche il nuovo risultato. Tutto parte dal luogo e dai nuovi bisogni degli individui che lo abitano. Ma ciò che può garantire la non obsolescenza del luogo è la trasmissione di comportamenti etici che inneschino quei processi educativi in un’utenza consapevole del fatto che il raggiungimento/mantenimento della qualità implica lo sposare un approccio sostenibile in cui bellezza, funzione e rispetto per l’ambiente sono un unico diritto. Tale concetto diviene importante (se non fondamentale) attualmente. E' dal 1987 (WECD-World Commission on Environment and Development) che l'Unione Europea ha selezionato lo sviluppo sostenibile quale strategia di pensiero/politica per risolvere le problematiche delle città europee, per perseguire una migliore qualità di vita (concetto quest'ultimo introdotto alla fine degli anni 50 del 1900). Il concetto di sviluppo sostenibile evidenzia la necessità di mantenere le risorse naturali e l'ambiente naturale come prerequisito essenziale per lo sviluppo di ogni attività economica, per raggiungere il benessere. Si noti bene la data.. 1987.
Figura 2. Schema della qualità della vita e della sostenibilità. Fonte: ICLEI, 2008.

Il paesaggio e l'economia sostenibile

Secondo lo sviluppo sostenibile la valutazione della dimensione economica non riguarda solo i costi in termini di bilancio fra perdite e guadagni, ma anche i costi ambientali, sociali e umani di ogni sistema e ciclo produttivo in genere. L’efficienza economica riassume tale concetto e pone l’attenzione sul costo globale, che riguarda l’impatto delle scelte rispetto ai costi di investimento, di funzionamento futuro, di manutenzione, di durata del prodotto, di rischio ambientale nella produzione, integrando per ogni ipotesi progettuale il quadro dei costi in energia, acqua, inquinamento (effettuato o evitato), etc... . In particolare in ambito edilizio è stata emanata la norma ISO 15686, con riferimento a un metodo per se­lezionare le scelte atte a raggiungere gli scopi degli stakeholder, dove le opzioni proposte sono differenti nei loro costi finali, ma anche in quelli operativi, precedenti e successivi, quindi di manutenzione e di rinnovo nel tempo di vita del bene. Tale metodo è il Life Cycle Costing, il relativo costo globale è detto Life Cycle Cost (oppure Whole Life Cycle Cost), e la sua analisi Life Cycle Cost Analysis oppureLife Cycle Analysis (LCA). Tendenzialmente la filiera di ogni prodotto deve essere il più possibile locale (corta), così da evitare l’incre­mento di CO2, per esempio, e contribuire al miglioramento del quadro di vita degli utenti prossimi. Si ricerca l’equità sociale in termini di distribuzione di reddito, stabilità dei prezzi, di sistema fiscale.
Ogni processo deve essere rapportato nel lungo periodo, con un’evoluzione dei benefici che porterà all’area, ma anche delle probabili difficoltà - come suggerisce l'Analisi SWOT. In quest’ottica il peso che hanno il processo produttivo e le scelte si connettono alla dimensione ambientale, anche in termini di irreversibilità operativa.
In questa nuova concezione valutativa si può comprendere l’attenzione da porre alla reda­zione del piano progettuale di un luogo, che deve tener presente i processi produttivi di ogni componente, nonché le singole dinamiche rispetto al sistema della città e del ter­ritorio. Ogni ente e impresa coinvolti nel processo, che siano essi investitori, costruttori, fornitori di materiale o di servizi, devono sposare quest’ottica, e garantirne l’esito per la parte di loro competenza.
Figura 3. The Competitiveness tree: drivers of urban competitiveness. Source: State of European Cities Re-port, Adding value to the European Urban Audit, European Union Regional Policy, May 2007, tratto da http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/studies/pdf/urban/stateofcities_2007.pdf il 26-5-2010.
La percezione del paesaggio

Nella sua definizione “cognitiva” il paesaggio viene a essere l’interfaccia (collegamento) di scambio fra territorio, ambiente e uomo, cioè fra l’uomo e le sue risorse.

Figura 4. Paesaggio come interfaccia fra organismi ed ecosistema.

“Il paesaggio è contemporaneamente elemento percepito ed elemento auto costruito [1]” e la sua funzione si esplicita in reazioni continue fra ciò che viene percepito e le relative mutazioni di comportamento corrispondente. La percezione “è intesa come processo re­lativo all’uso dei sensi ed alla loro successiva elaborazione cognitiva, ed è il meccanismo attraverso il quale l’individuo (principale attore) estrae il paesaggio dalla complessità eco­logica. Il paesaggio è a sua volta depositario di informazioni essenziali per gli organismi (individui) per poter aver accesso alle risorse [2]”. L’individuo risponde all’informazione in tre modi: può rimanere neutro, perché non la percepisce; può percepirla con gli organi di senso (percezione – sfera individuale); può conoscerla o riconoscerla (cognizione – sfera pubblica). Quest’ultima fase è detta “di apprendimento”, che risulta fondamentale per evol­vere e per interpretare in modo adeguato l’informazione. Si entra in questa sfera pubblica quando comunichiamo con altri individui. Siamo eguagliati tutti da un comune percepire, e poi gradualmente si creano le condivisioni di valori, e anche le distinzioni. Tramite la co­municazione e il paragone, che sono mezzi per apprendere, si riscontrano le diversità. Ed è la sfera pubblica che ci permette questo salto evolutivo, poiché impariamo osservando il comportamento degli altri individui, portatori e divulgatori della loro esperienza.
Il paesaggio ha una configurazione spaziale, e le sue componenti (materiali/forme e immateriali/comportamenti) assumono si­gnificati per l’osservatore, che sono in realtà quelle informazioni dell’ecosistema complesso rese utilizzabili da un osservatore. E' grazie alla cognizione che si possono comprendere e distinguere funzioni e relazio­ni fra gli elementi. Quindi il paesaggio diventa la chiave di lettura e accesso alle risorse. E la selezione delle configurazioni spaziali se dipende inizialmente dal caso, poi diviene gradualmente una scelta consapevole dovuta a un ottenimento di accesso alla risorsa nel modo considerato più coerente per i valori stabiliti dal singolo o dalla collettività. Cosicché la scelta consapevole diventa abitudine. Quindi il paesaggio deve essere per forza cono­sciuto e utilizzato, e ciò implica il senso del luogo, l’identità. Si è di fronte al “processo di paesamento”. Questa scelta consapevole significa che l’individuo cerca attivamente quella configurazione spaziale che lo conduce alla risorsa [3] che risponde maggiormente ai suoi bisogni e valori. L’insieme di queste configurazioni spaziali selezionate dall’individuo sono il suo paesaggio.
Bisogna notare che quando un essere umano seleziona una configurazione spaziale, per lui diviene importante non solo la qualità della risorsa alla quale pone attenzione in quel momento, ma anche la qualità della configurazione stessa, composta anche dalle restanti risorse che non sono oggetto di interesse in quel frangente, ma comunque percepite, che pertanto contribuiscono a formare la valutazione qualitativa. Quando si agisce su queste qualità si usa il paesaggio come strumento di apprendi­mento per il progetto.
Analizzare il processo di relazioni che sta dietro le configurazioni spaziali esistenti in un luogo può servire per gestire le risorse in modo da mantenersi aggiornati sulle mutazioni e cercare di adeguarsi a queste, adeguandole a loro volta ai nostri bisogni. Questa analisi porta alle vision e quin­di al progetto. Qui il paesaggio, da prodotto, diviene strumento di conoscenza e di analisi delle mutazioni.  
Da qui si evidenzia il suo sdoppiarsi da generatore di comportamenti a prodotto degli stessi. Partendo dal pre­supposto che ogni individuo, a livello biologico meccanico, percepisce ciò che lo circonda secondo il medesimo procedimento - che lo accomuna agli altri individui della sua specie - quello che genera differenza è il bagaglio culturale che ciascuno di noi possiede. Ciò che è percepito viene influenzato dal modo differente di ognuno di noi di concepirlo e interpretar­lo. Ed è proprio per tale ragione che per evolvere diviene importante la comunicazione. Si trova poi una seconda analogia cognitiva nel processo di elaborazione che rende l’individuo capace di orientarsi nel luogo e identificarsi con esso. Un qualsiasi luogo si realizza nel di­venire paesaggio, passando per processi di significazione e interpretazione dati dai bisogni e dai valori culturali degli individui.

La governance e la progettazione integrata

La governance, come strumento, evidenzia la necessità di un approccio integrato fra attori economici e sociali; nella stessa accezione dovrebbe essere visto il paesaggio, nel suo valore distintivo che lo pone tra l’apprendimento del comportamento e la sua esplicitazione materiale. Infatti senza un riscontro cognitivo alle azioni di progetto, le politiche coin­volte non sanno come procedere; mentre una qualsiasi risposta implica la reintroduzione di questa nel sistema progettuale per proseguire la fase di apprendimento/adattamento degli stakeholder.


degrado.png
Figura 5. Paesaggio urbano degradato  Bistoukeight (fonte web)
La Convenzione Europea del Paesaggio mira a esaltare la concezione del paesaggio che as­simila una comunità che elabora ed esplicita il concetto di identità del luogo, in un processo diacronico e sincronico in divenire. Quindi non si fa riferimento a una percezione soggetti­va, bensì a quella collettiva, ovvero al dialogo e alla comunicazione fra i soggetti che vivono la medesima esperienza cognitiva; quindi il concetto di <oggetto in senso collettivo>.
Un progettista o un’équipe di progettisti, quali mediatori fra utenti, Ambiente e paesaggio, hanno bisogno di far riferimento a questo tipo di cognizione per poter generare delle visioni che traducano l’identità del luogo con le nuove esigenze degli utenti.
Il comprendere la cognizione collettiva di uno o più oggetti, ovvero la percezione consape­vole della comunità, si traduce inevitabilmente nell’educare tale comunità a un uso delle risorse che sia condiviso, accettato e accettabile da e per tutti, selezione questa mediata tramite il dialogo, la comunicazione, il senso di responsabilità e il dovere.
Tale operazione deve essere fatta sempre intendendo il paesaggio quale bene collettivo e comune; perciò per quanto sia importante la necessità di una comunità di modificare il proprio paesaggio per identificarsi con esso, il “come” deve garantire la sua fruibilità alle generazioni future e a tutti gli individui che lo vivono. Questo riporta al concetto di soste­nibilità del paesaggio.

Figura 6. Paesaggio toscano - foto di Alfonso Picone Chiodo

Riuscire a trasmettere i valori etici di sostenibilità attraverso la progettazione del paesag­gio (e quindi delle sue componenti), riprendendo consapevolezza e coscienza del rapporto fra processi naturali e spazi fisici, ha valori e benefici rigenerativi sull’uomo e sulla sua educazione sociale e ambientale. Come sostiene Elisabeth Meyer i progetti di paesaggi sostenibili dovrebbero innescare pratiche fruitive, essere formalmente ben definiti ed es­sere contestualizzati al luogo, e soprattutto riuscire a emergere da un punto di vista per­cettivo, concreto, ed essere calamita per i cittadini distratti dai ritmi frenetici che il nostro attuale stile di vita ci impone.
Come lavorare nella fase di adattamento fra forme e comportamenti? Educando dove pos­sibile i cittadini alle nuove forme, se di queste è stata riconfermata la coerenza e la risposta più consona, oppure ammettere l’inadeguatezza delle forme e tentare di porvi rimedio nel modo più sostenibile.

Figura 7. Il paesaggio come interfaccia dove si realizza il luogo. Schema di L. Cremonini

Note:
[1] Farina A., Il paesaggio cognitivo, una nuova entità ecologica, Editore Franco Angeli, 2006, p. 20.
[2] Ibidem, pag. 19.
[3] Per risorsa si intende sia un oggetto materiale (per esempio il cibo e l’acqua, la casa, i servizi), sia le condizioni comportamentali e psicologiche (come sicurezza, felicità, etc). In generale è qualsiasi bisogno o necessità che proviene dall’interno dell’individuo e che trova soddisfazione nel mondo esterno all’individuo. Farina A., Il paesag­gio cognitivo, una nuova entità ecologica, Editore Franco Angeli, 2006, pp. 33, 76.
Bibliografie e documenti tratti da fonti web
- Farina A., Il paesaggio cognitivo, una nuova entità ecologica, Editore Franco Angeli, 2006
- Meyer E. K., “Manifesto- Supportare la bellezza. L’atto di apparire”, Journal of Landscape Architecture, Spring 2008
- Pileri P., Che cosa c'è sotto. Il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo, Altreconomia Edizioni, 2015.
- Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze, 20 Ottobre 2000. Tratto da
http://www.settoreweb.com/file_fbsr/file/Convenz_paesaggio.pdf il 29-11-2010
- Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze, 20 Ottobre 2000. Tratto da
 http://www.settoreweb.com/file_fbsr/file/Convenz_paesaggio.pdf il 29-11-2010
Figura 1. Convegno Consumo di suolo http://www.ancitoscana.it Scandicci
Consumo del suolo e agricoltura: 
appunti per una nuova prospettiva

Dott. Daniele Vergari 
Accademia dei Georgofili
Associazione Giovan Battista Landeschi

Se per consumo di suolo s’intende il passaggio da coperture agricole e naturali a coperture urbane; una tipologia di transizione che altera tutte le funzioni dello spazio iniziale in modo permanente (Pilieri 2009) bisogna riconoscere che l’agricoltura è veramente messa male.
Stretta fra la costante perdita di terreno fertile nelle aree di pianura sia del nord che del centro dove, ai campi estesi con le vecchie piantate, si sono sostituite brutte aree industriali o artigianali, con capannoni che adesso, in non pochi casi, sono abbandonati, vuoti, o semplicemente ai limiti della legalità per la presenza di laboratori abusivi con operai e operaie sfruttate come all’inizio del XX secolo.
Dall’altra parte un aumento delle aree boscate senza controllo e soprattutto senza senso, percepito però da gran parte della popolazione, come aree naturali di elevata qualità ambientale.
L’agricoltura, schiacciata fra queste due posizioni viene costantemente a perdere, da una parte i terreni migliori – quelli di pianura – fertili e adatti a coltivazioni estensive, e dall’altra quelli collinari forse meno fertili ma destinati a produzioni di qualità. Nelle aree montane poi il problema è ancora più grave. La scarsa agricoltura rimasta, legata alla pastorizia, vede erodere pascoli e prati rendendo così ancora più difficile l presidio del territorio da parte degli agricoltori.
Quando si parla di consumo di suolo chi, meglio degli agricoltori, dovrebbe dire qualcosa? Non è stata forse l’agricoltura ha subire più di tutti l’espansione incontrollata dell’urbanizzazione degli ultimi anni?
Ma con quali conseguenze?
In primis, il delicato reticolo idraulico di molte aree di pianura, costruito con il lavoro di generazioni di agricoltori, è stato interrotto o – in molti casi – completamente sconvolto. Le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi di tutti: in certe aree bastano eventi piovosi di media intensità per provocare allagamenti, danni, esondazioni. Fossi e fossetti, che caratterizzavano molte aree di pianura e che permettevano l’emungimento delle acque integrandosi, in modo funzionale, nel paesaggio e nel territorio è stato eliminato e interrotto da strade e infrastrutture, come molte aree industriali, nate più per scopi speculativi che per reali necessità produttive.
Infine la presenza, sempre più diffusa di larghe aree incolte ai margini delle città; aree residuali dell’ampio tessuto agricolo periurbano che di fatto, con l’abbandono, la mancanza di lavorazioni, rappresentano zone quasi impermeabilizzate.
In questo senso la nascita della “Banca della terra” in Toscana per il recupero e la coltivazioni degli incolti produttivi va letta come un’azione virtuosa.

Figura 2. Convegno Consumo di suolo http://www.ancitoscana.it

La “banca della terra”, normata dal Regolamento 60/R del 2014 , è un inventario completo e aggiornato dell’offerta dei terreni e delle aziende agricole di proprietà pubblica e privata che possono essere messi a disposizione di terzi (tramite operazioni di affitto o di concessione). Una banca dati in primo luogo e promossa da Regione Toscana- E' l'esempio di una risposta concreta e finalizzata.
I dati, infatti, confermano una riduzione di SAU in Italia consistente negli ultimi anni. E
mentre larghe parti della penisola vengono abbandonate aumentano le frane, i danni da esondazione (ovvio visto che i terreni di pianura vicino ai fiumi sono stati urbanizzati), è recente la notizia che ormai l’agricoltura italiana non è autosufficiente per le principali produzioni alimentari, principalmente per la carenza del territorio necessario per tali produzioni (vedi http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=2226).
Ma il problema raramente osservato, se non da autorevoli fonti scientifiche, è il tema della riduzione della fertilità dei suoli che è in drammatica diminuzione attestandosi a percentuali vicine alla soglia che indica la desertificazione dei suoli (sotto l’1% di sostanza organica).
Sarebbe un peccato non cogliere nella discussione sul consumo del suolo l’occasionestrategica di inserire anche l’agricoltura in una discussione che vede ingegneri, architetti, paesaggisti, discutere di azioni che hanno un forte impatto sulle attività rurali.
Se le politiche pianificatorie e le opportunità di sviluppo rurale devono avere un senso queste devono vedere anche la partecipazione del mondo agricolo, degli agronomi e della comunità degli agricoltori.
Ben venga dunque una legge sul consumo del suolo ma è necessario dare all’agricoltura quel ruolo che ha perduto ma è necessario fare un salto culturale che passi dalla semplice conservazione della risorsa suolo alla gestione di quel patrimonio comune che si può chiamare suolo con la S maiuscola.
Come farlo?
Le possibilità sono tante e tanti gli stimoli che la ricerca ha prodotto in questi anni. Innanzitutto dovremmo cambiare paradigma, visione del mondo rurale e iniziare a premiare i comportamenti virtuosi attraverso la riduzione o l’eliminazione della IMU agricola a chi svolge annualmente operazioni banali – oltre il minimo prescritto dalle norme europee -sui terreni incolti (sovesci o arature per aumentare corpi idrici). Simili politiche potrebbero essere adottate per chi, in collina, dispone le colture per traverso ( lungo le linee di minima pendenza) e non a rittochino ( lungo le linee di massima pendenza) , là dove possibile, e per chi aumenta e conserva la fertilità naturale del terreno. Il costo sarebbe di molto inferiore ai benefici per l’intera collettività. Basterebbe avere il coraggio di fare scelte di lungo periodo.

Invitiamo il mondo agricolo al coraggio per riprendere voce sulle decisioni che riguarda il futuro di questo settore cosi delicato e importante nella vita civile ed economica della nostra Repubblica Italiana.




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Le ragioni storiche del consumo. Analisi dei perché della differenziazione del consumo di suolo in Italia.
Franco Salvatori, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata".

Parlare del consumo di suolo è parlare di un fenomeno che ha accompagnato per secoli la storia dell’umanità. Del resto, al di là di qualche mente illuminata in epoche precedenti, solo tra la fine del secolo scorso e quello attuale l’umanità ha preso coscienza dei propri doveri nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità. Nelle epoche passate umanizzare lo spazio significava reificarlo: dargli una forma artificiale,  sfruttarne le risorse, organizzarlo in vaste colture.

La "territorializzazione" era anzitutto associata alla costruzione di edifici: strutture e grandi città. I secoli passati, fino a ieri, vedevano nella città grande, popolosissima, ordinata e razionalizzata in base ad una narrazione ideale del progresso, un fondamentale obiettivo e destino dell’umanità. Era un’idea di proiezione verso il futuro sviluppata intorno all’ideale tecnologico, nella convinzione che appunto la tecnologia, il libero mercato, una globalizzazione di produzioni e traffici che non è cosa di oggi, ma risale a molto tempo fa, potessero risolvere i problemi materiali dell’umanità, strappandola a schiavitù millenarie. Era il sogno di regolare definitivamente i rapporti fra le persone e lo spazio naturale secondo una volontà e una progettualità dettate dal "progresso".

Figura 1 : Impianto fotovoltaico in ambiente rurale.

Dato che siamo nel contesto di una grande esposizione universale, viene a mente quel famoso monumento di un’altra esposizione universale, un’opera costruita e un esito anch’essa, in fin dei conti, del consumo di suolo: la Torre Eiffel a Parigi. Quell’esposizione universale era un canto rivolto al progresso di una umanità che per la prima volta dopo secoli, nel pieno della Belle Epoque, sentiva di poter asservire completamente il pianeta alla propria superiorità scientifica e tecnica: una superiorità fondamentale, radicale, ontologica. Attraverso quella superiorità l’Uomo intendeva superare i limiti tradizionali della propria azione e della propria esistenza: la trappola malthusiana, le malattie, le diseguaglianze. Sperava di assoggettare il pianeta con i suoi spazi, per trasformarli, civilizzarli, umanizzarli. E la Torre Eiffel simboleggiava tutto questo, cioè l’eredità spirituale che l’Ottocento voleva lasciare al Novecento. Un’eredità di forza, di slancio verso un secolo che sarebbe dovuto essere radioso e luminoso come non lo era stata alcuna epoca precedente, anche in virtù del definitivo dominio dell’umanità sulla natura. Oggi, più di cent’anni dopo, riflettiamo sulla portata di quell’esperienza e sui suoi limiti fondamentali di visione. Oggi abbiamo capito che se l’umanità potrà continuare a esistere sul nostro grande e generoso, ma fragile pianeta, ciò sarà solo in virtù dell’aver rispettato la sua intrinseca delicatezza; di aver cioè compreso profondamente e raggiunto quella sostenibilità e quell’uguaglianza rispettosa nell’accesso alle risorse che restano presupposti fondamentali di speranza per l'avvenire, a prescindere dalla potenza tecnologica di oggi (assai più grande di quella che avevamo nell’Ottocento).
Il consumo di suolo e le norme che puntano a limitarlo sono appunto i due aspetti, per così dire, di “unità fondamentale” di questa relazione nuova, diversa, fra l’umanità e il pianeta. Unità fondamentale perché espressa a livello puntuale, locale, in un qui molto concreto che è quello della nostra città, della nostra regione, del nostro paese. Consumare il suolo è togliere materia e forza vitale allo spazio che viviamo; materia per la vita nostra e delle future generazioni. Parliamo infatti di Consumo di suolo qui in Italia e di normative per limitarlo qui in Italia; parliamo certamente anche di consumo di suolo e normative per limitarlo in Europa e nel mondo intero. Ma qui oggi è di casa nostra che dobbiamo parlare.
La normativa si pone il problema di intervenire sul consumo di suolo; aprendo ovviamente una questione che è rilevante e problematica, per i diversi meccanismi che implica e per la complessità delle relazioni che richiede di considerare in modo bilanciato.  O’Riordan e Turner avevano decenni fa classificato gli approcci possibili nel progettare visioni e politiche ambientali secondo le famose due categorie di “ecocentrismo” e “tecnocentrismo”, a seconda che l’obiettivo profondo fosse la difesa dell’ambiente o dell’iniziativa umana. Per buona che fosse l’idea, con le sue molteplici interpretazioni successive, in un contesto eminentemente pratico come quello di oggi bisogna andare oltre. Andare oltre significa capire che il legislatore ha per interlocutori attori e stakeholder rappresentanti le diverse componenti di questa complessità. Legiferare oggi sul consumo di suolo significa doversi confrontare con un complesso quadro normativo generale che del problema non teneva conto; e rapportarsi con un territorio che ha avuto una storia estremamente complessa, lungamente stratificato attraverso le epoche. Un territorio, quello italiano di oggi, che significativamente conserva ancora pienamente attivi alcuni suoi caratteri storici anche relativi al consumo di suolo.

Figura 2 L’interfaccia fra mondo urbano e rurale.

L’Italia che è emersa dal processo di unificazione dell’Ottocento, fino ad oggi, ha assistito allo sviluppo di potenti fenomeni di territorializzazione – legati all’industrializzazione, ma non solo. Basta guardare come si è strutturato e aggregato fino ad oggi il territorio della Pianura Padana e di quello che fu il Lombardo-Veneto. Basta osservare come si è evoluto quel caso unico di territorializzazione che è l’area metropolitana di Roma, a partire da una città che da capitale pontificia contava poco più di 200.000 abitanti, i quali non arrivavano a riempire neanche i 19 km di perimetro delle Mura Aureliane; parliamo ancora di un’area di particolare importanza e criticità, come quella intorno al Vesuvio, tale da creare un sistema metropolitano fra i più vasti e complessi d’Europa, concentrato in un contesto ambientale che richiede non solo salvaguardia, ma anche attenzione ai fini della protezione e della tutela dei cittadini. Bastano appena questi esempi a costituire uno scenario di riflessione fondamentale da cui si dovrebbe partire nella discussione proposta in questa sede, sui disegni di una nuova normativa.



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