Nel 1900, tre
scienziati, Hugo de Vries, Carl Correns e Erich von Tschermak-Seysenegg,
lavorando sulla ibridazione delle piante giunsero alle conclusioni cui era
giunto un oscuro monaco ceco 35 anni prima, ma le cui osservazioni erano
rimaste pressoché sconosciute. Il nome del monaco era Gregor Johann Mendel. La
scoperta delle leggi che regolano la trasmissione dei caratteri ereditari, rese
possibile un salto di passo nel miglioramento genetico delle piante e l’introduzione
mirata di caratteristiche genetiche desiderate. La nuova scienza, definita
“genetica”, nel corso di poco più di 20 anni consentì di superare l’aleatorietà
degli approcci empirici fino ad allora utilizzati.
Nel frattempo, attorno
al 1900, un giovane agronomo marchigiano, nato vicino Macerata e che aveva
studiato agronomia a Napoli e Pisa e che si chiamava Nazareno Strampelli, sperimentava
con due genotipi di frumento, il Rieti ed il Noè, tentando di creare una nuova
varietà che resistesse all’allettamento e ai funghi patogeni. Non ebbe il
successo sperato poiché non conosceva gli studi di Mendel, non ancora noti alla
comunità scientifica. Nel 1903 il Ministero dell'Agricoltura, Industria e
Commercio istituì una cattedra ambulante sperimentale di Granicoltura a Rieti e
Strampelli ne divenne titolare. Iniziava così un periodo pionieristico del
miglioramento genetico del frumento che avrebbe portato Strampelli a diventare
il miglioratore genetico più famoso del tempo. A partire dagli anni ’20 del XX
secolo, Strampelli, che aveva ricevuto importanti riconoscimenti internazionali,
dava vita a un istituto nazionale di cerealicoltura che esiste ancora oggi
seppure con una nuova denominazione.
A Strampelli si deve
il soddisfacimento totale del fabbisogno nazionale di frumento negli anni ‘30,
risultato che anticipava di alcuni decenni la rivoluzione verde di Borlaugh
(Premio Nobel) che si è di fatto basata sugli studi e le esperienze di
Strampelli. Il suo contributo alla “battaglia del grano” gli fruttò onori e la
carica di Senatore. Ci ha lasciato, tra l’altro, in eredità il “Senatore
Cappelli”, una varietà di frumento duro ancora oggi apprezzatissima dai
consumatori.
Negli stessi anni ’20,
nella Russia nata dalla rivoluzione un altro giovane agronomo Nicolai Vavilov,
fu incaricato di incrementare sensibilmente la produzione di frumento della
Russia sovietica. Visitando le immense distese di quel Paese che si estendeva
dal Mar Baltico, al Mar Nero e alle montagne del Caucaso, Vavilov notò che le
piante di differenti aree del Paese fossero molto diverse tra loro. Vavilov,
notò che avvicinandosi al Caucaso la diversità delle varietà aumentava, mentre al
Nord essa praticamente scompariva. Immaginò, quindi, che il frumento si fosse
originato al sud e che l’adattamento ai climi freddi del nord avesse
determinato una selezione dei pochi genotipi idonei a quelle estreme
condizioni. Attraverso viaggi successivi, Vavilov giunse ad individuare le zone
dove le piante coltivate si erano originate. Chiamò queste zone “centri di
origine”. Oggi, gli studi condotti con gli strumenti della genetica molecolare,
confermano sostanzialmente la sua intuizione. Facendo ricorso a tutta la
variabilità osservata, e basandosi sulle esperienze di Strampelli, Vavilov poté
costituire nuove varietà di frumento che diedero alla Russia un importante
contributo per l’aumento delle produzioni cerealicole.
Nel 1925, a San
Pietroburgo, egli fondò un istituto per conservare tutti i differenti campioni
che nelle sue esplorazioni raccoglieva, affinché essi potessero essere la base
del futuro miglioramento genetico del frumento. Nasceva così il primo gene bank
al mondo, ancora oggi esistente. Dopo la seconda guerra mondiale prese vita il
cosiddetto “Movimento delle Risorse Genetiche”, una corrente di pensiero che
urgeva i governi nazionali a dotarsi di gene banks per regioni geografiche
ampie al fine di contrastare la perdita di germoplasma che la rivoluzione verde
di Borlaugh aveva involontariamente innescato, come conseguenza della
sostituzione delle antiche varietà tradizionali con quelle moderne.
Nel 1969, il Consiglio
Nazionale delle Ricerche, dietro proposta del Prof. Gian Tommaso Scarascia
Mugnozza, prima cattedra di Genetica Agraria in Italia, decise l’istituzione a
Bari di un “Laboratorio del Germoplasma” che avrebbe dovuto ospitare le risorse
genetiche agrarie provenienti dal bacino del Mediterraneo. L’Istituto fu
fondato nel 1970 e in oltre quaranta anni di attività ha raccolto più di 56000
campioni di varie specie, principalmente dal Mediterraneo ed Africa Orientale.
Circa la metà di questi campioni è costituita da cereali. Oggi il vecchio
Laboratorio del Germoplasma è confluito in un grande istituto nazionale del
CNR, l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse.
Se oggi il cibo che mangiamo è di
elevata qualità nutrizionale e libero da tossine, se possiamo vantarci di aver
raggiunto, e superato, la sufficienza alimentare, se possiamo avere a
disposizione cibo per tutti i gusti e tutte le inclinazioni alimentari, lo
dobbiamo a quel monaco che tra le mura di un convento incrociava piselli di
diverse forme e colori per cercare di comprendere attraverso quali leggi si
trasmettessero i caratteri osservati. Sicuramente quel monaco non pensava di
diventare uno scienziato famoso, altrimenti le sue scoperte non sarebbero
restate ignote per tanti anni. Probabilmente la sua motivazione era religiosa,
ovvero cercare di comprendere il disegno di Dio. Questo dimostra che per
arrivare a una vera conoscenza dei fenomeni naturali non ci si può basare su
una sola disciplina e che la vera conoscenza si raggiunge solo quando diverse expertise,
esperienze e discipline collaborano per comprendere le leggi che regolano
questo complesso mondo biodiverso.
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