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Come cambia il nostro mondo?

by 10:37:00 0 commenti


Il 6 maggio 2015, nell’Auditorium di Cascina Triulza in Expo Milano 2015, si è tenuta una giornata di discussioni sul tema “Un mondo (bio)-diverso: l’agrobiodiversità in un mondo che cambia” organizzata in collaborazione con la Cooperazione Italiana (per il programma http://cnrexpolab.blogspot.it/2015/04/un-mondo-biodiverso.html). Cosa è emerso da questa giornata? Iniziamo da alcune considerazioni, e altre seguiranno.

Abituati come siamo a vivere in paesaggi urbani, stentiamo a comprendere come la storia dell’uomo, la nostra storia, sia intimamente legata a una scoperta dei nostri antenati di 13000 anni fa: l’agricoltura. Senza agricoltura l’uomo sarebbe ancora nomade, non ci sarebbero le città in cui viviamo né le meraviglie del passato, non ci sarebbero i capolavori di Virgilio, Kavafis o Gibran, e l’arte sarebbe ancora ferma ai dipinti della grotta di Altamira. I nostri antenati, attraverso un processo chiamato domesticazione, hanno modificato empiricamente le piante selvatiche per adattarle all’agricoltura, al punto che le specie agrarie di oggi non somigliano molto ai loro progenitori selvatici. Nel corso dei 13000 anni che ci separano da quei primi esperimenti, l’uomo ha creato decine di specie agrarie e centinaia di varietà per ogni specie, una grande biodiversità che si esprime attraverso forme, colori, sapori e conoscenze. Si, le conoscenze tradizionali legate a ogni varietà riguardano non solo il loro uso, ma anche credenze, leggende e misteri associati a quella specie, a quella varietà.
La “rivoluzione verde” sviluppatasi secondo i principi di agricoltura di Norman Borlaugh, per questo premio Nobel per la Pace, ha da un lato consentito a una più grande proporzione della popolazione mondiale di raggiungere la sufficienza alimentare, ma dall’altro ha messo a forte rischio la biodiversità delle piante coltivate. Oggi, questa agrobiodiversità può essere la risorsa da utilizzare per rispondere alle esigenze di un mondo in continuo cambiamento, di un pianeta mutante. Ci sono molti parametri per misurare il cambiamento del mondo, parametri fisici e ambientali, parametri biologici, dinamiche di popolazione, e parametri sociali ed economici. Se fossimo un extraterrestre che studia il nostro mondo attraverso una sorta di time-lapse, vedremmo come il maggior benessere economico di un Paese ne cambia radicalmente i consumi, percepiremmo come a seguito dei cambiamenti climatici popolazioni umane e di piante si spostino e con esse, o prima di loro, anche i parassiti e le malattie delle piante ad esse associati, potremmo apprezzare come il mutamento economico e l’uso intensivo delle risorse riesca a cambiare il volto di un territorio. In conseguenza di questi cambiamenti anche l’agrobiodiversità cambia, e non sempre solo in senso negativo.
Nel corso del convegno abbiamo voluto analizzare i maggiori fattori che influenzano il cambiamento dell’agrobiodiversità e anche quali modelli, quali esperienze, sono stati messi in campo per tentare di mitigare gli effetti negativi del cambiamento del nostro mondo. Per esempio, in Brasile si è dato vita a un piano nazionale che è volto a portare nell’alimentazione scolastica almeno un 30% di prodotti locali, sviluppando al tempo stesso un percorso formativo che faccia comprendere il valore del mantenimento e dell’uso sostenibile della biodiversità per garantire benessere economico, nutrizione corretta e salvaguardia di un patrimonio immateriale legato alla biodiversità locale. Un atro driver importante sé il cambiamento climatico globale che però è particolarmente intenso in alcune aree del mondo, e il Mediterraneo è una di queste. Gli scienziati hanno potuto dimostrare come in queste aree, chiamate hot spot, si assista anche a un’intensificazione del cambiamento della biodiversità naturale, soprattutto in termini di parassiti e patogeni delle piante coltivate. Le recenti notizie sulla diffusione di avversità delle piante, come il caso della mosca olearia o della epidemia della Xylella fastidiosa, danno piena evidenza scientifica a questa visione del fenomeno. La proposta è di cercare di arginare questi cambiamenti in maniera olistica mettendo al centro dell’azione la protezione degli ecosistemi.
Ci sono poi fattori economici e politici che influenzano l’agrobiodiversità. Questo fenomeno è particolarmente evidente per i prodotti agricoli di larghissimo consumo, come i cereali. Questi ultimi sono divenuti delle vere e proprie commodity, non diverse dal petrolio, e dai minerali, con tanto di quotazione in borsa e future. Su questi in particolare hanno influenza le politiche globali o locali, per esempio le azioni volte a favorire un propizio regime di prezzi dei prodotti attraverso politiche di incentivazione o di limitazione delle produzioni, o altre politiche rivolte alla regolamentazione o sostegno dei sistemi agrari dove la produzione si svolge. Un po’ nata per rispondere all’esigenza di recuperare un rapporto con l’ambiente rurale, che l’urbanizzazione spinta ha fatto quasi del tutto scomparire, un po’ per il desiderio di avere una produzione locale, a chilometro zero come va di moda dire, un po’ anche per ragioni ideologiche nasce l’agricoltura urbana, ossia quella che si sviluppa in quelle aree del territorio urbano che non sono state ancora cementificate. Questo movimento, originato da esperienze e esigenze molto differenti tra loro, sta trovando oggi un sincretismo e una promozione anche attraverso specifici progetti volti a recuperare, attraverso la reintroduzione dell’agrobiodiversità, specifiche aree del territorio urbano particolarmente ricche di tradizione o di storia, prima che l’urbanizzazione ne cancelli definitivamente l’identità.
Da questa analisi dei fattori che gravano sulla biodiversità emerge che il più determinate è certamente l’uomo. Infatti, le preferenze dei consumatori sono il primo driver della commercializzazione e quindi della decisione su cosa mantenere e valorizzare e cosa abbandonare. Ma non si può lasciare tutto alle sole preferenze del consumatore, poiché le sue scelte non sono sempre accompagnate da un adeguato livello di informazione. Oltre a tutto, le scelte dei consumatori impattano anche sul benessere degli imprenditori agrari, siano essi agricoltori o allevatori. Questi, infatti, sono in continuo bilico fra le pressioni del mercato, le esigenze etiche, le scelte politiche, le regolamentazioni locali, nazionali o sovranazionali e la necessità di trarre un giusto reddito dalle loro produzioni. A volte, le pressioni sui prezzi o delle regolamentazioni, gravano al punto tale che il reddito degli imprenditori è compromesso, tanto da porre un rischio sull’intero territorio rurale e di conseguenza anche sulla salute dell’ambiente e dei consumatori stessi.
Occorre quindi analizzare e informare i consumatori sulla sostenibilità delle diete alimentari, basandosi su indicatori oggettivi, quali per esempio il consumo di acqua o la produzione di anidride carbonica, che gravano su un tipo di alimentazione in confronto a un altro. Insomma, occorre fare attenzione e non lasciarsi affascinare da modelli dietetici “ideologici” o “di moda”, ma costruire attraverso questi indicatori un bagaglio di strumenti che ci consentano di orientare consapevolmente le nostre scelte alimentari. E in questo l’informatica è un grande aiuto. Sicuramente ci sono modelli dietetici diversi e validi per differenti strati della popolazione o differenti popoli o religioni. Non importa quale scelta “dietetica” il consumatore faccia, l’importante è che la sua dieta sia estremamente ricca di biodiversità. Infatti, ogni specie, ogni varietà, è in grado di apportare specifici elementi nutritivi che non sono presenti in maniera altrettanto significativa nelle altre varietà. Quindi, la chiave del benessere non è solo mangiare quante più specie differenti, ma per ciascuna specie non limitarsi a una sola varietà. E questa educazione dev’essere portata nelle scuole per educare i consumatori di domani, ma soprattutto, dev’essere sostenuta da adeguate politiche che riportino l’agrobiodiversità al centro dell’attenzione dei decisori politici.

Un mondo che cambia, come quello in cui viviamo, sarà certamente in futuro un mondo diverso. Dobbiamo augurarci che sia anche bio-diverso.





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