“Donna, hai detto parole davvero
offensive. Chi potrebbe altrove portare quel letto? Arduo sarebbe
anche a un esperto dell’arte, se un dio non venga a spostarlo, a
metterlo altrove agevolmente”
Con queste parole Odysseo risponde a
Penelope che ha invitato l’anziana Euriclea a portare fuori il
letto nuziale, affinché l’eroe possa riposare. Infatti, Odysseo sa
che il talamo nuziale è stato predisposto sul ceppo ben radicato in
terra di un ulivo secolare attorno al quale è stata poi elevata una
stanza di pietra e il tutto coperto con un adeguato tetto. Lo sa
perché lui ha tagliato quell’olivo rigoglioso e frondoso, lui ha
tirato le cinghie che formano il letto, solo lui sa esattamente
queste cose. Solo lui e Penelope, che con questo tranello mette alla
prova l’identità dello sposo.
L’olivo è una delle piante di più
antica domesticazione. Probabilmente fu apprezzato prima come pianta
tecnica, per le caratteristiche uniche del suo legno e poi come
pianta cosmetica, prima ancora che alimentare. Cosmetica non solo per
le donne che usavano l’olio per curare i capelli e il viso, ma
anche per gli atleti. I greci gareggiavano nudi ai giochi olimpici,
dopo aver unto il corpo per renderlo lucido; gli atleti e i
gladiatori romani si ungevano e recuperavano con lo strix quell’umore
misto di olio, sudore, polvere e altro che le matrone pagavano
“profumatamente” in quanto gli attribuivano (forse non a torto)
proprietà afrodisiache.
In realtà l’olivo non è una specie
vera nel senso botanico del termine, ma piuttosto una “specie
agraria” un cultigen, ossia una pianta che si è evoluta non per
forze naturali ma per la selezione operata dall’uomo. Il nome
scientifico, Olea europaea, comprende sia le varietà coltivate che
le varietà selvatiche. Quella da cui l’olivo deriva è la var.
sylvestris, varietà botanica, per altri sottospecie, nota anche come
oleastro o olivastro e presente anche in Italia. A questa si
associano altre varietà selvatiche fra cui la var. cerasiformis, la
var. laperrinei, la var. cuspidata, ecc. Quindi, il nome formale,
completo e scientifico dell’olivo è Olea europaea var. europaea.
La pianta era pan-mediterranea ma probabilmente quella da cui poi è
nato l’olivo veniva, come il grano, l’orzo, i ceci e tante altre
piante mediterranee, dal Medio Oriente, da quella Mezzaluna Fertile
che ha dato origine alle civiltà Mediterranee.
Pianta amata dal Dio degli Ebrei (che
poi è lo stesso di Cristiani e Mussulmani, anche se qualcuno se lo
dimentica), il quale per far capire a quel testa dura di Noè che
non ce l’ha più su con gli uomini (o meglio solo con la famiglia
di Noè, visto che tutti gli altri erano annegati) fa portare dalla
colomba un rametto di olivo.
Oggi la pianta è fondamentalmente
alimentare, anche se gli usi cosmetici sono ancora molto diffusi.
L’olio di oliva ha proprietà nutrizionali e salutistiche
eccellenti, anche se una certa “agiografia naturofila” fa
sembrare l’olio di oliva ancora più miracoloso dell’acqua di
Lourdes. E dopo una fase di anni in cui l’olio di oliva era
considerato un retaggio della più retriva civiltà contadina (mentre
le persone “civili” si nutrivano di oli di semi vari o di mais)
oggi si assiste a decine di iniziative di valorizzazione di questo
prodotto. Da elemento essenziale della Dieta Mediterranea, da
prodotto di massa in competizione per il basso prezzo coi prodotti
Spagnoli e Greci, oggi l’olio di oliva sta subendo una mutazione
genetica. Si è scoperto (era ora, direi io) che le diverse varietà
di olivo sviluppano oli con caratteristiche diverse e che queste
caratteristiche (toh, guarda un po’) sono fortemente influenzate
dall’ambiente. Nasce così l’esigenza di avere non solo oli
provvisti di DOP ma anche ben distinti in base alla varietà di
origine. Nasce e si afferma la cultura degli oli monovarietali, una
cultura che si affianca e percorre le stesse tracce della cultura del
vino. Insomma, olio e vino, dopo essere stati i “compagni” che
hanno caratterizzato l’espansione greca nella Magna Grecia e la
cultura della Roma Imperiale, tornano a viaggiare su strade parallele
e (come avrebbe detto uno storico senatore Italiano, tifosissimo
della Roma) convergenti.
Cosa aspettarci per il domani? Qualcosa
di simile all’uvaggio per i vini. Abili assaggiatori d’olio
(possiamo chiamarli sommelier?) creeranno seducenti miscele di oli
con specifiche origine genetiche e geografiche, battezzate con nomi
allusivi e accattivanti, che sprigioneranno segnali olfattivi, visivi
e gustativi tali da farci dire con un fare un poco snob: “sull’ovata
alla bvace non metto mai un olio di Covatina pvodotto nella Muvgia
novd Bavese”. E nasceranno centinaia di “esperti” pronti a
decantare le lodi di questo o quell’olio specifico, salvo poi
esporsi ai lazzi degli amici goliardi e buontemponi.
Ad “oliora”!
Credits
Front image: Nocellara del Belice in
Sicily - Italy. 12 October 2009, photo by Hans Suter
(licenza Creative Commons)
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